Autore: Chiara Massullo
04/11/2024
Quadro teorico della Pedagogia dell’Espressione
La Pedagogia dell’Espressione, che si fonda sulla centralità del paradigma poetico ed estetico in ambito educativo, ha un quadro di riferimento ricco e multidimensionale: dall’approccio filosofico alla riflessione educativa, dall’estetica agli studi antropologici a quelli sulla teoria e la pratica teatrale, per citare alcuni filoni.
Il principale impulso viene dagli studi condotti in ambito pedagogico da Gilberto Scaramuzzo, in particolare quelli dedicati a mimesis, che costituiscono il principale riferimento della disciplina e, anzi, ne hanno permesso la nascita e definizione.
Ricercatrici, pedagogiste ed educatrici quali Federica Arlotti, Jenny England, Flavia Gallo, Chiara Massullo, Elisa Muscillo, Valentina Tinelli e altri hanno poi contribuito allo sviluppo della Pedagogia dell’Espressione approfondendo i costrutti dell’educazione poetica ed indagandone le declinazioni e applicazioni in differenti ambiti, sia teorici e che pratici.
I principali riferimenti
La Pedagogia dell’Espressione è un aiuto qualificato che affonda le sue radici nella cultura greca, nell’umana sophia di Pirandello, nel metodo mimico di Orazio Costa e opera affinché la potentissima matrice dell’espressione non si riduca ma si approfondisca e si allarghi come fondamenta della ricerca della felicità (eudaimonia), come via per il comprendersi, come base della coesistenza civica.
Flavia Gallo – Sito web del Centro di Pedagogia dell’Espressione L’Arca nel Bosco
Alcuni luoghi della riflessione di pensatori antichi, moderni e contemporanei hanno ispirato la ricerca sull’educazione poetica e informato il quadro epistemologico della disciplina e costituiscono quindi i principali riferimenti teorici della Pedagogia dell’Espressione.

Platone: Paideia-Mimesis
La riflessione su mimesis, sulla sua rilevanza antropologica e sul suo valore conoscitivo accompagna la riflessione occidentale fin dall’antica Grecia.
Platone per primo dà una definizione di mimesis nella Repubblica (III, 393 c), riconoscendola come il rendersi simili a qualcuno o qualcosa nella voce e/o nei gesti.
Il pensatore evidenzia poi come la mimesis possa realizzarsi anche come solo movimento interiore, come un rendersi simili internamente senza che vi siano necessariamente manifestazioni esteriori.
Platone riconosce la mimesi come il dinamismo alla base della produzione artistica e coinvolto nel processo con cui l’uomo conosce il mondo fenomenico, e gli riconosce una potenza tale – di trasformare l’essere umano nella cosa a cui si rende simile – da portarlo a quella che sembrerebbe un’esclusione dell’arte e della mimesis dalla città ideale.
Nell’attività mimesica infatti il soggetto assume, in misura minore o maggiore e in modo più o meno permanente, le qualità di ciò di cui fa la mimesis, come se avvenisse appunto una sorta di «passaggio di qualità» (Scaramuzzo, 2010, p. 53). Nella mimesis divento l’altro, sono l’altro, e quindi, pur rimanendo me stesso, divento altro, mi trasformo.
Mimesis è un attività che ha quindi uno straordinario potenziale trasformativo per il soggetto, aspetto che rende questo dinamismo sì estremamente fecondo, ma anche in qualche modo inquietante.
Proprio questa potenza di mimesis aveva portato Platone a mettere in luce i rischi e i potenziali pericoli ad essa legati: la legittima preoccupazione del filosofo è che facendo la mimesis di cose non buone non giuste e non belle l’essere umano rischi, rendendovisi simile e diventandole, di diventare non buono, non bello e non giusto. Scaramuzzo (2010) indaga a fondo le implicazioni e i risvolti meno evidenti della riflessione platonica su mimesis e giunge a mettere in luce come per Platone essa possa farsi paideia (si tratta del binomio paideia-mimesis, per l’appunto) se accompagnata dal farmaco, la filosofia, il quale permette di vedere le cose di cui si fa la mimesis in relazione al Sole/Bene, al rapporto che hanno con esso. Possiamo quindi affermare come solo una filosofia-mimesi, ossia una mimesi cosciente e intenzionale frutto della stretta e piena collaborazione di mimesicità e razionalità, possa essere vera paideia e aiutare l’uomo a umanarsi in pienezza.
Bibliografia essenziale e Approfondimenti
Platone, Repubblica. [Platone (1994). Repubblica (F. Sartori, Cur.) Roma: Laterza]
Scaramuzzo, G. (2010). Paideia Mimesis. Attualità e urgenza di una riflessione inattuale.Roma: Anicia.

Aristotele: l’Homo Mimeticus e il paradigma poetico
Dobbiamo poi ad Aristotele una rivalutazione del ruolo conoscitivo della mimesis e di conseguenza dello statuto conoscitivo della poesia (che tende al possibile e all’universale) (D’Angelo et al., 2002). Per il filosofo la mimesis è connaturata negli uomini fin dall’infanzia, l’uomo è l’essere che ha la maggiore capacità di mimesi e che la esprime con maggiore intensità e inoltre egli acquisisce attraverso di essa le conoscenze fondamentali.
È infatti Aristotele a proporci una definizione dell’essere umano come homo mimeticus: il filosofo nella Politica (1253 a 9-20, 1332 b 5) riconosce l’uomo come animale razionale e nella Poetica (4. 1448 b), mentre indaga le cause che hanno consentito all’uomo di fare poesia, afferma che l’essere umano è un animale mimesico, di più, l’animale «mimesico per eccellenza» ( Scaramuzzo, 2013, p. 33). In lui la mimesi raggiunge infatti i suoi vertici, come quello del fare arte.
Dalla lettura della pagina aristotelica mimesis emerge dunque come quell’attività attraverso la quale l’essere umano (si) as-simila (al)la realtà: rendendosi simile all’altro da sé (esteriormente o anche solo interiormente) l’uomo acquisisce le conoscenze fondamentali, in un processo di apprendimento e comprensione caratterizzato da piacere (Halliwell, 2009, in part. pp. 159-160; Scaramuzzo, 2013). Questo dinamismo è quello su cui si fonda la possibilità della creazione artistica, ma non solo, poiché l’essere umano sembra conformarsi mimesicamente a tutto ciò che lo circonda. La facoltà mimesica infatti è innata e connaturata all’uomo fin dall’infanzia e possiamo rintracciarla innanzitutto nel gioco del “fare come se” del bambino.
Quando conosce o crea qualcosa l’uomo fa dunque la mimesis della natura o realizza in lui la mimesis delle mimesis compiute da altri uomini.
Un appropriato riconoscimento del valore antropologico e conoscitivo della mimesis modificherebbe radicalmente la qualità del nostro relazionarci all’alterità, non solo a livello sociale ma anche ecologico. Mentre la razionalità distingue radicalmente l’essere umano dagli altri enti, la mimesicità dice dell’umano in una linea di continuità con essi. Proprio il fatto che l’uomo riesce a diventare gli altri enti manifesta questa continuità al di là e nella discontinuità, manifesta l’analogia tra tutto ciò che è. Come evidenzia Scaramuzzo (2013), la razionalità è infatti la caratteristica che «differenzia ontologicamente» (p. 38) l’umano dall’altro da sé, è cifra di un movimento «discriminante» (p. 38), che procede disgiungendo e separando le cose tra di loro e l’uomo da esse. La mimesicità, invece, è la modalità dell’«esserci fondato sulla qualità del suo interrelarsi all’altro da sé» (p. 38), grazie alla quale l’umano comprende e si assimila – riconoscendosi simile – all’altro da sé (altro umano, animale, vegetale; così come tutti gli elementi naturali, le idee, le opere d’arte ecc.). Essa è cifra di un movimento «partecipante» (p. 38) che agisce cogliendo somiglianze ed omologie e che, mettendo in relazione, connette: «La mimesisicità […] è nella sua essenzialità forza connettivante, quasi energia relazionale cosmica […]» (p. 35).
La capacità mimesica e la mimesis, dunque, in qualche modo rivelano la relazione di tutto ciò che è: proprio il fatto che l’uomo può mimare ogni cosa, cioè che è capace di «coglierla in quanto essente e di esserla – in una qualche misura – attraverso la mímesis», sembra essere il segno di una «connaturalità ontologica tra l’uomo e gli altri enti» (la quale fonda e consente, appunto, il movimento mimesico, che altrimenti non sarebbe possibile) (Scaramuzzo, 2010, p. 119).
Il paradigma poetico è dunque collegato alla definizione aristotelica di uomo come homo mimeticus. Si fonda sull’eccezionale capacità umana di rendersi simile all’altro da sé (mimesis) che gli consente di entrare in relazione, riconoscere somiglianze, comprendere, fare poesia e arte: di abitare poeticamente la terra. Il paradigma poetico è stato a lungo ed è tuttora largamente sottovalutato, se non mortificato, nella teoria e nella prassi occidentale, nella concezione dell’uomo e della realtà che gli sono proprie e nelle modalità di vivere, abitare il mondo e incontrare l’alterità che ne derivano. Scaramuzzo (2022) nota come nel corso dei secoli il mondo dell’educativo abbia «sottovalutato il paradigma poetico a favore del paradigma razionale creando una dicotomia non necessaria e deleteria per lo sviluppo dell’umano nell’uomo» (p. 54). Riteniamo invece che andrebbe riscoperta e adeguatamente riconosciuta la fondamentale «valenza che questo fondamento potrebbe avere per l’educabilità umana» (p. 54) e perciò la Pedagogia dell’Espressione propone una sua rivalutazione in ambito pedagogico impegnandosi per un’educazione poetica «attraverso la riscoperta, l’esercizio e il perfezionamento della capacità mimesica umana» (p. 59) nelle pratiche educative.
Bibliografia essenziale e Approfondimenti
Aristotele (2014). Poetica (G. Paduano, Trad.). Roma-Bari: Laterza.
D’Angelo, P., Franzini, E., & Scaramuzza, G. (2002). Estetica (E. Franzini & A. Somaini, Curr.). Milano: Raffaello Cortina.
Halliwell, S. (2009). L’estetica della mimesis. Testi antichi e problemi moderni (G. Lombardo, Cur.; D. Guastini & L. Maimone Ansaldo Patti, Tradd.). Palermo: Aesthetica.
Scaramuzzo, G. (2010). Paideia Mimesis. Attualità e urgenza di una riflessione inattuale.Roma: Anicia.
Scaramuzzo, G. (2013). Educazione Poetica. Dalla poetica di Aristotele alla poetica dell’educare.Roma: Anicia.
Scaramuzzo, G. (2016). Aristotle’s homo mimeticus as an Educational Paradigm for Human Coexistence. Journal of Philosophy of Education, 50(2), 246-260. https://doi.org/10.1111/1467-9752.12204
Scaramuzzo, G. (2022). Il paradigma poetico come nuovo paradigma per l’educativo. In Ladogana, M., & Parricchi, M. (a cura di), L’educazione come tutela della vita. Riflessioni e proposte per un’etica della responsabilità umana (pp. 53-60). Città di Castello, PG: Zeroseiup.

Edda Ducci: Filosofare sull’educativo e Ermeneutica dell’educativo
Articoli per approfondire:
La salvaguardia di quel margine ineffabile che concerne l’educabilità umana. La lezione di Edda Ducci (di Gilberto Scaramuzzo)
A colloquio d’esame con Edda Ducci (di Gilberto Scaramuzzo)
Ermeneutica dell’educativo: una metodologia di ricerca esigente e inattuale. L’esperienza di una giovane dottoranda (di Chiara Massullo)

Orazio Costa Giovangigli: l’istinto mimico e il Metodo mimico per la formazione dell’attore
Articoli per approfondire:
Il Metodo mimico di Orazio Costa come pedagogia dell’espressione (di Gilberto Scaramuzzo)
Teatro, educazione, democrazia (di Flavia Gallo)
Educazione alla poetica del vivere nell’esperienza del MIM (di Federica Arlotti)

Luigi Pirandello: l’umana sophia pirandelliana e l’in-tendere
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Quella verità che rende umani. Il canto edificante di Luigi Pirandello (di Gilberto Scaramuzzo)
Il Punto vivo di Luigi Pirandello. Un mistero educativo (di Gilberto Scaramuzzo)
Non parlo di me. Una riflessione sull’umanazione firmata Luigi Pirandello (di Gilberto Scaramuzzo)
Pirandello apparatore di bellezza (di Gilberto Scaramuzzo)
Pirandello educatore nel suo studio (di Gilberto Scaramuzzo)

Marcel Jousse: il mimismo umano
La maleducazione di un corpo poetico. Una riflessione filosofico-educativa ispirata alla ricerca di Marcel Jousse di Gilberto Scaramuzzo)